Fin dalle origini, la terra del Nilo offrì un ambiente ottimale per la vita e il progresso dell’uomo; non tanto facile, cioè, da intorpidire lo spirito e indurre a rinunziare a iniziative ed invenzioni, con le quali migliorare la propria condizione materiale, ma nemmeno tanto difficile da impegnare le forze di ciascuno nella strenua ricerca delle fonti di cibo o nel fuggire eventi naturali distruttori. Grazie al grande fiume, in Egitto la coltivazione della terra conservò sempre una preminenza assoluta e il paese appariva come un unico enorme impianto agricolo, con potenziale produttivo, per l’epoca, altissimo. Infatti le economie dei due Egitti si integravano e agli abitanti conveniva organizzarsi in un’unica comunità, estesa da Assuan al Mediterraneo, sia per meglio sfruttare le piene con opere idrauliche, sia perché, con risorse alimentari più vaste, era più facile fronteggiare situazioni di emergenza, come il perdurare da un anno all’altro della scarsità d’acqua. Dal Nilo dipendevano anche la ricca flora spontanea e la numerosa fauna, e quindi la caccia e la pesca. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la grande inondazione del fiume che gli dei benefici concedevano al paese con la regolarità di un prodigio naturale. Ecco perché lo storico greco Erodoto definì efficacemente l’Egitto "dono del Nilo", anche se l’affermazione è falsa ove minimizza il lavoro umano.